WILMA CHASSEUR - IL ROVETO ARDENTE


Terza Domenica di Quaresima



La prima lettura ci presenta la figura di Mosè e il bellissimo brano del roveto ardente. C’è un bel commento del Cardinal Martini a questo riguardo del quale mi servo. “La vita di Mosè”. Edizioni Borla. 

Mosè era potente in parole e in opere, superdotato, istruito, vice-faraone. Quando stava per compiere i 40 anni gli venne l’idea di difendere gli Ebrei e di liberarli dagli Egiziani, ma dopo averne ucciso uno, dovette fuggire alla veloce e mettersi in salvo. 

Credeva di poter contare sulle sue forze e capacità per salvare il suo popolo, diventarne il condottiero che l’avrebbe liberato dalla schiavitù d’Egitto e invece che cosa accadde? 

Dovette fuggire e rimanere per 40 anni nel deserto a fare praticamente niente, sicuramente non il condottiero di un popolo, ma il pastore di un gregge neanche suo, ma di suo suocero, e perde ogni velleità di fare il leader. Ma i tempi di Dio non sono i nostri. Ecco che quando Mosè ha ormai 80 anni e non ha più nessuna intenzione di partire, Dio lo chiama da un roveto che arde senza consumarsi. 

* La doppia chiamata 
Pieno di meraviglia si avvicina e si sente chiamare due volte per nome (le grandi chiamate bibliche hanno questo particolare della doppia chiamata: “Abramo, Abramo” “Samuele, Samuele”, segno che contraddistingue un grande destino). 

Pensate lo choc di Mosè: in pieno deserto dove non c’era anima viva si sente chiamare per nome! Pieno di paura si avvicina e risponde “Eccomi”. Ma la voce lo blocca: “Fermati, togliti i sandali, perché il luogo dove stai è un luogo sacro”. Mosè che ora ha ben presente di essere un povero fallito, rifugiato da ormai 40 anni nel deserto, non si fa più nessuna illusione, ma è proprio ora che il Signore lo investe di una missione e lo manda. 

Allora capisce che non aveva capito niente perché l’iniziativa parte sempre da Dio. (A volte ci vuole tutta una vita per capire che non avevamo capito niente). Quando aveva deciso lui di farsi condottiero del suo popolo era stato rispedito al mittente per 40 anni, ma ora non è lui che decide, ma Dio che lo manda. Ecco il passaggio cruciale: nelle opere di Dio bisogna passare dal voler andare, all’essere mandati. La missione non te la puoi imporre tu, ma ti dev’essere affidata da un altro. E a Mosè, per capire questo, ci sono voluti 40 anni. 

Ma ora è pronto, anche se non ha nessuna voglia di andare: ha 80 anni (“manda qualcun altro Signore”). Quando si sente ormai inadeguato Dio lo manda: ora và. Bisogna passare dal voler fare qualcosa, fosse anche per la gloria del Signore, all’essere mandati da Lui. Queste sono le credenziali: “Dirai: Io-Sono mi manda”. Finché dicevi solo “io vengo”, non eri pronto. Ma ora “questo è il mio nome per sempre”. Ed è nel mio nome che ti mando. 

* Quando dobbiamo toglierci i sandali? 
Ora cerchiamo di adattare a noi questo testo: quand’è che noi ci sentiamo dire: “togliti i sandali?” Quando ci mettiamo in adorazione. Quello è il nostro roveto ardente dal quale Dio ci chiama. 

E capiterà magari anche a noi come ai tre apostoli della trasfigurazione, Pietro, Giacomo e Giovanni, di “vedere l’invisibile e capire l’incomprensibile”. E di sentire che il Signore dice anche a noi: “Tu sei il mio figlio prediletto”. Perché quanti figli ha Dio? Uno solo: l’Unigenito. In Lui ci siamo tutti noi e ciò che dice a Lui, lo dice ad ognuno di noi. 

WILMA CHASSEUR





Papa Francesco - Udienza Generale - 24/02/2016




Papa Francesco - Udienza Giubilare di Sabato 20 Febbraio


Il Giubileo della Misericordia deve essere un impegno concreto.


Le tentazioni - Quali sono. Come combatterle. - Don Leonardo Maria Pompei



Le tre tentazioni di Gesù nel deserto racchiudono ogni genere di tentazione a cui l'uomo è soggetto da parte dell'astuzia e della cattiveria del diavolo. Come combatterle e vincere il combattimento spirituale contro le potenze del male. 

Sabato 13 Febbraio 2016, prima domenica di Quaresima, anno C, Santa Messa prefestiva - OMELIA DI DON LEONARDO M. POMPEI




La parola inaudita di Gesù: la misericordia invece del sacrificio



 di Roberto Mancini


Don Antonello Iapicca - Commento al Vangelo - I Domenica di Quaresima



(Lc 4,1-13) 

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 

Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l’uomo"». 

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"». 

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano"; e anche: "Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». Gesù gli rispose: «È stato detto: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"». 

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.




WILMA CHASSEUR - PRENDI IL LARGO …

7 Febbraio 2016 - 5a Domenica T.O. - Anno C 


I testi di questa domenica vertono sulla vocazione. 
  • Prima lettura: il Profeta Isaia dice: “Ohimè sono perduto, ma … eccomi manda me”, dopo essere stato purificato dal tizzone ardente e dopo aver riconosciuto la sua indegnità. 
  • Seconda lettura: San Paolo ai Corinti: “Vi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto”. Quindi Paolo è un messaggero chiamato a trasmettere un annuncio che viene da oltre, cioè la morte e risurrezione del Signore Gesù Cristo che, in ultimo, si è rivelato anche a lui. Fatto confermato dalle molteplici apparizioni che Paolo elenca: addirittura a più di 500 discepoli riuniti assieme, molti dei quali ancora vivi. L’avvenimento ha dunque una portata e importanza storica, con tanto di testimoni oculari che possono testimoniare essendo ancora in vita. 
  • Il Vangelo ci parla della pesca miracolosa che l’evangelista Giovanni situava dopo la risurrezione di Gesù. 
* Un giorno come nessun altro … 
Per gli apostoli quello era un giorno come tanti altri, con le stesse ordinarie occupazioni di sempre, 
nel luogo delle solite vicende quotidiane: il lago di Tiberiade. Ma ecco che, di colpo, diviene un giorno come nessun altro perché LUI improvvisamente li raggiunge. E li raggiunge lì, dopo una lunga e faticosa notte in cui sono falliti tutti i tentativi di pesca fruttuosa, notte di pesca, ma ancor più notte di speranza, di smarrimento , di assenza del Maestro. 
“E’ allora che Gesù si presenta alla riva per salvarli dal naufragio della speranza” ( Bruno Forte). 
E si presenta alla nostra riva, a noi discepoli di oggi, per salvarci dalla nostra lunga e faticosa notte. E si presenta all’alba per salvarci dallo smarrimento dovuto alla Sua assenza, e inondare con la sua luce, ogni ombra del nostro cuore ridandoci la certezza della sua presenza. E’ Lui che si presenta per primo (“non voi avete scelto Me, ma io ho scelto voi”), che si fa vedere, toccare, come per assicurare che è ben vivo, anzi è il vivente. 

* Dopo che il gallo del fallimento cantò … 
“Gettate la rete a destra ...” I pescatori di mestiere sanno bene che non è l’alba il momento in cui i pesci abboccano; se non hanno preso niente durante la notte, inutile tentare ancora. Ma se è LUI che lo dice, allora sì che bisogna gettare le reti! Sulla sua parola e SOLO sulla sua parola! Senza Gesù il fallimento è completo, ma con LUI, il Maestro dell’impossibile, l’impensabile diventa possibile. Prima ci vuole però il fallimento affinché capiamo che tutto possiamo se c’è Lui sulla nostra riva, e niente possiamo se Lui non c’è. Solo allora non corriamo più il rischio di attribuire a noi stessi un merito che è solo Suo. Anche per noi come per Pietro, ci vuole il gallo del fallimento che canti, per ricordarci che è in Lui che dobbiamo riporre tutta la nostra fiducia e non nelle nostre misere forze e capacità. 

* Chi non Lo ama, non Lo riconosce 
“Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro “E’ il Signore”. Ecco la seconda tappa di ogni apparizione pasquale: dopo averlo incontrato LO RICONOSCONO. Si riconosce COLUI che si ama. E più lo si ama, più lo si riconosce. Infatti il primo a riconoscerlo è stato Giovanni, il discepolo prediletto. “Ma nessuno osava chiedergli chi sei?”. Gli Apostoli sentono bene che il loro Maestro non è più soltanto l’Uomo di Galilea che camminava con loro sulle strade di Palestina e sulle strade di ogni uomo alla ricerca della verità, ma è il Figlio del Dio Altissimo, il Signore della vita. La pesca è talmente abbondante da dover ricorrere ai compagni che sono sull’altra barca. E allora Pietro si getta ai piedi del Maestro dicendo :” Allontanati da me che sono un peccatore. E il Signore lo rassicura dicendogli che d’ora in poi non dovrà più occuparsi dei pesci, ma degli uomini. La sua missione d’ora poi consisterà nel lavorare per la gloria del Signore e riempire le reti di figli di uomini. 

WILMA CHASSEUR 


Papa Francesco - Udienza con i Gruppi di Preghiera di Padre Pio



06.02.2016 - Papa Francesco riceve in udienza i Gruppi di Preghiera di Padre Pio, le cui reliquie sono in mostra nella Basilica Vaticana in occasione dell'Anno Santo.




Don Ezechiele Pasotti commenta il Vangelo di Domenica 7 febbraio 2016


Nella quinta Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù invita Pietro e i discepoli a prendere il largo e gettare le reti per la pesca. Pietro risponde:«Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma.

L’evangelista Luca, dopo aver raccontato numerose guarigioni compiute da Gesù a Cafarnao, ci presenta oggi una folla che fa ressa attorno a lui per ascoltare la sua parola. In particolare ci propone due segni, due parole importanti per la sua missione: la pesca miracolosa e la chiamata dei primi discepoli. 

E’ importante che anche noi accompagniamo questi futuri apostoli per ricevere, insieme con loro, la parola del Signore. 

Simone ed i suoi compagni hanno faticato inutilmente tutta la notte, senza pescare nulla; ma non è un caso, questo fallimento li prepara ad accogliere la parola del Signore: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Obbediscono, forse più per l’autorevolezza di chi parla che per altro! E le reti si riempiono di pesci fin quasi a rompersi. 

Insieme ai compagni di un’altra barca, chiamati subito in aiuto, mettono al sicuro il pesce. Poi Simon Pietro, pieno di stupore per l’accaduto, si butta in ginocchio dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Pronta arriva la risposta di Gesù che consacra totalmente la sua vita e la vita di coloro che sono con lui: “Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini”. E, “tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. 

Nella fede, anche noi siamo oggi testimoni del segno compiuto da Gesù con la pesca miracolosa, e la sua chiamata coinvolge ognuno di noi: “Non temere…”! Ogni battezzato è un chiamato da Dio a diventare “pescatore di uomini”; non si dà cristiano muto, diceva il Beato Papa Paolo VI. 

Il battesimo ci costituisce “sacerdoti, re e profeti”, testimoni, per il dono dello Spirito Santo, della stessa missione di Cristo di fare degli uomini dei figli di Dio.


Don Antonello Iapicca - Commento al Vangelo di Venerdì 5 Febbraio



Dal Vangelo secondo Marco 
Mc 6,14-29

In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!». Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. 

Parola del Signore